Categorie
PERVERSIONE

PERVERSIONE,QUANTE DEVIAZIONI HAI?


Virgilio nel settimo canto dell’Eneide, racconta come gli Italici decidessero di far guerra contro Enea, nonostante le predizioni degli indovini e il volere contrario degli dei. E poi… “mal gliene incolse” perchè , Pervertene Numine, cioè il sovvertimento dell’ordine divino e del volere degli dei per seguire invece la propria volontà, nell’antichità era l’azione più grave che un uomo potesse compiere. Da allora la storia è cambiata e gli uomini hanno progressivamente conquistato la possibilità di autodeterminarsi e decidere del proprio destino, muovendosi tra libertà e responsabilità, sano egoismo e rispetto per l’altro. Il termine perversione conserva in sé questa duplice possibilità: c’è un ordine all’interno di una libertà possibile. Anche quando si parla di sesso.

La perversione si può considerare una deviazione da una norma che però conserva un margine di possibilità prima di sconfinare nel disturbo e nella patologia. Nell’ambito sessuale il termine usato specialmente in passato, è riferito a sindromi psicopatiche, caratterizzate da deviazioni dal comportamento considerato normale, per cui il desiderio viene rivolto verso un oggetto anomalo o trova soddisfacimento con pratiche erotiche diverse dal comune amplesso. 

 Sigmund Freud per primo ebbe il coraggio di affermare che, in un certo senso, “ siamo tutti perversi” . Lo psicoanalista viennese teorizzò che, durante il corso dello sviluppo, il bambino attraversa diverse fasi (orale,anale,fallica) durante le quali concentra il proprio interesse su alcune zone del corpo. Crescendo queste parti si armonizzerebbero tra loro per esprimersi poi in età adulta nella sessualità, all’interno di una relazione. Ma può succedere che alcuni eventi che intervengono nella vita, spesso a componente traumatica, possano sovvertire questa maturazione e “fissare” nel comportamento quella qualità infantile facendola diventare l’unica forma di soddisfacimento sessuale. In questo “congelamento” della maturazione sembra non essere più possibile una sessualità sana che contempla quindi una relazione, anche affettiva, con l’altro, perchè l’attenzione e il desiderio sono rivolti all’atto in sé che viene ripetuto e ripetuto, non importa con chi. Il partner cambia, l’azione resta la stessa. Si può dire che il vero perverso non ama la persona, ma l’azione che attraverso la persona , ma l’azione che attraverso la persona può compiere. La persona diviene uno “strumento” e, mentre la sessualità è alternata, gli altri aspetti della vita possono rimanere ben integrati ed in sintonia fra loro.

PERVERSIONE ? NO, PARAFILIA.

Nel corso della storia anche le perversioni e la loro definizione sono cambiate parallelamente ai mutamenti culturali, sociali e di costume. La visione della sessualità si è modificata con il passare del tempo e così il modo in cui viene vissuta. Non è sempre facile stabilire una norma precisa sulla quale misurare un comportamento sessuale sano e adeguato. Ciò che un tempo era considerato sconveniente oggi è quasi normale, vecchi comportamenti sono scomparsi per essere sostituiti da nuovi . Il confine delle perversioni è quindi in continuo movimento e anche il termine “perversione” oggi è desueto, “fuori moda”. In ambito psichiatrico,sessuologo,psicopatologico si parla ora di “parafilia” (potremmo tradurlo, dal greco, come “accanto-oltre” l’amore) riferendosi a quelle manifestazioni della sessualità che non sono sbagliate o malate se confinate nella sfera del divertimento e della consensualità.

La voglia sempre più crescente di trasgressione e sperimentazione in ambito sessuale ( scambio di coppia, bondage, pratiche di sesso estremo) ha portato alla definizione di perversioni/parafilie soft che rappresentano un nuovo modo, per quanto non da tutti condiviso, di vivere la sessualità. Ci sono casi in cui le pulsioni perverse vengono controllate tramite il gioco: in questo caso soggetti adulti e consenzienti simulano situazioni più o meno realistiche in cui esprimono le loro fantasie. Queste situazioni sono più o meno accettate a seconda delle culture: quelle più evolute e tolleranti, ad esempio, accettano tali giochi nel privato se non sono nocive al comportamento sociale. Le stesse situazioni possono invece “passare il confine” ed entrare così nella patologia se si manifestano in forme di violenza fisica o psicologica ( per esempio plagiando il partner) su persone non consenzienti o se sono praticate in modo compulsivo.

Secondo l’ultima edizione del DSM-V, l’elenco mondiale dei disturbi mentali, tale condizione per essere considerata effettivamente come patologia deve ricorrere per almeno 6 mesi e deve manifestarsi come la forma come la forma di sessualità esclusiva o prevalente del soggetto, interferendo in modo rilevante con la sua normale vita di relazione e causando un disagio. I francesi, nel linguaggio, differenziano “perversion” che indica la perversione a sfondo sessuale ma non necessariamente negativa e “perversité” che, al contrario, indica atti negativi, ma non necessariamente sessuali. E così si entra nel mondo, incredibilmente vario, delle perversioni che possono essere classificate a seconda dello scopo ( per esempio “guardare” o “ scambiarsi i partner”), dell’oggetto del proprio interesse (“un piede”, addirittura “una narice”) o del ruolo svolto ( “la padrona”, “lo schiavo”).

Alcune sono “complementari” ( esibizionismo-voyeurismo,sadismo-masochismo), altre sono illegali ( la pedofilia, la prostituzione) oppure non considerate più tali (l’omosessualità non più presente del DSM seconda edizione); altre ancora un tempo non erano classificate e ora sono oggetto di studio (l’andare con transessuali). Tutte si legano in modo diverso ai 5 sensi, attivando l’eccitazione dai canali sensoriali: visivo ( pratiche del guardare , come l’esibizionismo, il voyeurismo), acustico -verbale ( eccitazione ottenuta ascoltando o dicendo particolari parole), olfattivo (lasciamo spazio all’immaginazione ), tattile (stimolazione delle diverse parti del corpo fino a quelle più insolite, come le già citate narici). Alcuni hanno nomi stranissimi, che sono spiegabili etimologicamente risalendo al greco antico. Se vi dicessero “ sono affetto da mixoscopia”, ad esempio, cosa pensereste? Significa “eccitarsi guardando un atto sessuale”. E pornolalia ? Semplicemente “dire parolacce”. Mixoascusi ? “ Ascoltare rumori di un rapporto sessuale ” ( a chi non è capitato di essere involontariamente “mixoascusico” in una stanza d’albergo…sentendo quello che accadeva nella stanza accanto?) “Efefilia? “L’attrazione sessuale per i tessuti, come la seta e il velluto. Altri termini sono presi in prestito dall’inglese, come “spanking”, sculacciare con violenza. E la “dendrofilia” poi? La possiamo definire un’attenzione particolare…per gli alberi!

I TAGLIATORI DI TRECCE

Fino alla metà del novecento esisteva poi una perversione- allora si poteva anche usare questo termine – della quale oggi potremmo quasi ridere paragonandola alle manifestazioni più gravi che l’anno soppiantata! Sul finire del diciannovesimo secolo, le donne cosiddette “perbene” usavano acconciare i loro capelli raccogliendoli in una elegante crocchia mentre le più giovani portavano una lunga treccia nel mezzo della schiena. Solo le donne volgari o le prostitute lasciavano i capelli sciolti: proprio questa usanza le distingueva negativamente dalle altre, poteva consentire loro di salvare la chioma. Si racconta di fatti che nelle notti di quell’epoca alcuni uomini si aggirassero nell’oscurità, nascosti agli angoli di strada, e che approfittando del buio, della sorpresa e della distrazione si gettassero poi su povere donne ignare per “ritagliarsi” (letteralmente…)l’ambito trofeo.

I “tagliatori di trecce” , perversi ormai estinti, appartenenti a una sottofamiglia dei feticisti della sottospecie tricofili. Nelle camere di questi collezionisti, se si fossero aperti i cassetti, si sarebbero trovate, debitamente celate in scatole o protette in candide stoffe, trecce di diversi colori: brune, bionde,rosse (forse le più pregiate) diverse per lunghezza e per acconciatura, con nastri di molteplici colori, di raso,lino seta. I trofei venivano poi estratti con cura in un rito segreto e ammirati in un crescendo di eccitazione che poteva portare a una soddisfazione sessuale sostitutiva del rapporto con una donna. Sigmund Freud li descriveva come persone fobiche,spaventate, che attuavano la violenza per non subirla, cioè impersonificavano l’aggressore perchè inconsciamente temevano di essere l’aggredito. Freud vedeva nell’atto di tagliare le trecce una “castrazione simbolica”, come se gli autori del gesto pensassero inconsciamente “ se faccio questo io, non lo fanno a me”. E in questo timore di una possibile castrazione, l’idea che i capelli sarebbero ricresciuti era rassicurante.

Nel 1890 il fenomeno aveva larga diffusione in Europa arrivando a valicare anche l’oceano . In alcune città degli Stati Uniti per un certo periodo si può addirittura dire ci sia stata una caccia all’uomo “tagliatore”. Oggi anche le perversioni….non sono più quelle di una volta! Le donne con le trecce non ci sono quasi più e i capelli e le acconciature femminili sono diversissime per forma , colore, lunghezza. Il modo di acconciare i capelli e le pettinature hanno avuto un’evoluzione parallela a quella della sessualità: non si può più pensare che una donna con i capelli sciolti sia una prostituta o una zingara. Dei tagliatori di trecce è sopravvissuta la famiglia d’origine quella ben più estesa dei feticisti. Scambiano la porzione per il tutto, non è importante la persona , ma una sua parte, non la relazione ma l’atto in sé. Una panoramica di comportamenti che meriterà una più diffusa e specifica trattazione .

 Karl Kraus, scrittore arguto e critico , vissuto a Vienna ai tempi di Freud, con un certo dispiacere osservava: “ Sotto al sole non c’è persona più infelice del feticista che brama una scarpa di una donna e deve accontentarsi di una femmina intera!”.

 Fonte : rivista Playboy ( articolo di Silvia Facchetti ed Elisabetta Munaro- psicologhe e psicoterapeute)