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DRITTE RIMORCHIADONNE

LA FINE DELL’AMORE COME SUPERARLO E DIMENTICARLO

Articolo tratto dalla rivista Glamour. Love refresh di savina Gavino.

Risponde alle domande dell’intervista sul tema dell’amore
Elisabetta Notaro psicotrapetua.

“D’amore non si muore ma si sta male” così cantava Claudio Baglioni. La fine di una storia è la fine di un affetto e di tanti sogni, ma anche di illusioni e di autoinganni. Con un ex legame si dissolve anche una parte della nostra vita:è un passaggio che va elaborato. Se restiamo a contemplare la relazione finita, una parte di noi muorirà con l’amore che non c’è più.

Quanto si soffre dopo una rottura?

Dipende da quanto abbiamo investito nella relazione. Se è stata intensa ma breve ( diciamo 6 mesi ) ci sarà “solo” dolore, perchè la coppia non ha avuto materialmente il tempo per crescere, e si guarisce in fretta. Se il rapporto è stato lungo (dai 3 anni in su), allora oltre al dolore ci sarà il lutto, e ci vorrà almeno un anno per apprezzare un nuovo amore. Bisogna farsi coraggio e attraversare questa terra di nessunno, dove altrimenti rischiamo di restare bloccati con nuovi partner che somigliano drammaticamente a quello vecchio.

Ci sono modi per attraversare il dolore?

Le fasi per superare una rottura sono 3: trauma, dolore, rabbia.

IL TRAUMA

E’ quando raggiungiamo la consapevolezza della fine, ma il nostro cervello rifiuta l’idea. Lo shock è recentissimo e stiamo molto male: facciamoci aiutare da chi ci vuole bene.

IL DOLORE

E’ quando realizziamo che l’assenza dell’altro e’ reale e permanente. Anche in questo caso, e’ meglio se abbandoniamo l’orgoglio e lanciamo un S.O.S.
Come se ne esce?
Se serve chiudendoci a rievocare il passato, perchè anche se cerchiamo di evitarlo quello ci corre dietro e si presenta sempre uguale. Lo strazio è tale che non sappiamo sopportarlo da soli? Chiediamo confronto: certi passaggi della vita aiutano a rafforzare i legami affettivi.

RABBIA

A questo punto l’appoggio degli altri non ci serve più: dobbiamo imparare a pensare ( o a ripensare ) a noi stessi, anche alla faccia di chi ci vuole male. E se poi riusciamo a dare anche uno sfogo fisico al risentimento ( perchè non cominciare, per esempio, a correre?), tanto meglio.

Come si smaltisce davvero il rancore?

Usando tutte le nostre forze, ma senza trasformare l’ex partner in un nemico. Può essere utile scrivere la storia dell’amore finito: mettiamoci tutto quello che non abbiamo capito, che ci ha fatto stare male. Come diciamo noi psicoterapeuti, la scrittura è isomorfa alla relazione. E cioè: attraverso le parole, riviviamo le emozioni, ma in modo che ci sarà più chiaro, perchè il cervello deve razionalizzare i contenuti per poterli esporre. Un’altra cosa : mentre scriviamo, non facciamoci spaventare dai sentimenti negativi. Anzi, diciamo nero su bianco tutto l’odio che sentiamo pensando all’ex partner: è un modo per non restare ossesionati da una persona.

Che cosa incarna per noi l’uscita di scena dell’ex?

La delusione, la prova che ci siamo sbagliati, la paura di rimanere soli e quella di non sapere più amare.

Ma dove porta tutto questo?

A crescere: affrontare un dolore è l’unico sistema per cambiare, per non ripetere gli errori in un nuovo rapporto,per trovare nuovi equilibri. Altrimenti, restano delle crepe nella nostra anima, zone di aridità che potrebbero impedire la nascita di un altro legame.

Uomini e donne reagiscono in modo diverso all’abbandono?

Si. Gli uomini sono meno inclini delle donne ad elaborare il lutto amoroso perchè fanno fatica ad accettare la parte più debole, la propria e quella degli altri. Così è difficile che affrontino un percorso di cambiamento totale, vanno incontro alla disfatta più spesso, e fanno ancora più fatica a ricostruirsi.

Fino a che punto si può affidare il nostro dispiacere agli altri?

Dipende da quanto questi altri sono disposti a dare. Certo è meglio non chiedere troppo. Per rispetto per il nostro prossimo e per non cadere nel circolo vizioso del bisogno di continue conferme.

Che cosa si può fare , invece, per aiutare qualcuno che soffre?

Esserci. Amarlo. Chiedergli come sta. Non forzarlo a uscire. Non dargli consigli e risposte. Accettare che in questi momenti le cose vanno così.

Come viene trasformato il dolore dal tempo?

Cambia in effetti. Per un bambino è pura disperazione, che non si può affrontare e che si può solo rimuovere. Per un giovane è uno spasimo estremo, assoluto, dopo il quale nulla è come prima. Per un adulto è un dispiacere che va capito -e poi superato- per un futuro migliore.

Che cosa dovremmo dire a noi stessi quando l’altro non ci ama più?

Era davvero la persona giusta per me? O sono arrabbiato con lei perchè non ha rispettato il copione che gli avevo affidato nei miei sogni?

E come facciamo a non investire tutto sul prossimo rapporto?

Ricordiamoci che la propria vita non si affida a nessuno, meno che mai a un amore! Dobbiamo saperci muovere con le nostre forze, se vogliamo poter camminare a fianco di un’altra persona. E sentirci, speriamo, in buona compagnia.

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Anonimo
Anonimo
11 anni fa

Belle le parole dell'ultima risposta..